Ricordando un autore dimenticato: Lloyd Biggle Jr.

lloyd biggle

Ci sono alcuni autori che non sono mai stati particolarmente famosi, che difficilmente appaiono nelle osservazioni, nei ricordi o nei rammarichi e persino nel giorno della loro morte vengono ricordati da poche persone, particolarmente in Italia.

Lloyd Biggle Jr. è scomparso nel 2002, dopo un ultimo ventennio trascorso a combattere contro la leucemia. Ha scritto diversi romanzi di sf, ma anche gialli e numerosissimi racconti. Tra questi racconti me ne è passato per le mani uno, pubblicato dalla Sellerio nell’antologia datata 2000, «Il compito di latino». Titolo:  «La professoressa marziana» (tit. or. Andy Madly teach, 1966), una storia di una cinquantina di pagine su un possibile cambiamento della scuola sul nostro pianeta, divenuta a tutti gli effetti una sorta di “Saranno famosi” o “Amici” e dove gli insegnanti sono costretti a tecniche assai poco ortodosse per continuare ad avere un numero sufficiente di ascoltatori-allievi. Un racconto raffinatamente perfido verso la prevalenza dei media e sulle smanie esibizionistiche divenute leggi dello stato. Un racconto non abbastanza letto, evidentemente, e una piccola luce rimasta accesa su un pezzetto di strada che il mondo si è lasciato indietro da molto tempo.

compito-latino-nove-racconti-modesta-proposta-1875049b-2544-4b41-9907-f29283f353d6Aver riletto il racconto mi ha ricordato alcuni romanzi a suo tempo pubblicati dall’editrice Nord e a suo tempo letti, «Furia dall’ignoto» [Fury out of Time, 1965], «Ai margini della galassia» [The Still Small Voice of Trumpets, 1968] e «Gli Olz di Branoff IV» [The World Menders, 1971] e un vecchio Urania, «Tutti i colori del buio» [All the Colors of Darkness, 1964]. Romanzi gradevoli, vivaci, in qualche occasione allegri o ironici senza mai divenire sarcastici o brutali. Aveva una voce “autoriale” in qualche modo inconfondibile, Lloyd Biggle, e una passione per la musica – da musicologo e da insegnante di musica – che ritornava spesso nei suoi libri. come in «Ai margini della galassia», dove la creazione di una fanfara diventa il punto di inizio di una rivoluzione. Uno snodo assolutamente imprevisto in un pianeta di civiltà approssimativamente medievale ma i cui abitanti hanno una passione inestirpabile per l’arte e la musica. Qualcosa che mi è rimasto profondamente dentro e che mi ritorna in mente sempre quando penso alla nostra povera patria.

E la rivoluzione, il cambiamento dello stato delle cose in seguito a un moto popolare, ritorna anch’esso più volte nei suoi libri, come una necessità, un’esigenza indifferibile. Una rivoluzione rigorosamente pacifica, non-violenta, nella quale sono elementi inattesi o imprevisti a fungere da innesco. Come in «Furia dall’ignoto», dove la rivoluzione delle città-stato terrestri è la rivolta di un pugno di studenti del lontano futuro contro una stupida e avida satrapia locale.

furiaCredo che faremmo bene a rileggerlo, Lloyd Biggle Jr., soprattutto in Italia, soprattutto di questi tempi. Giiusto per arrivare a immaginare una rivoluzione non violenta, nata da un insostenibile sentimento comune di ripulsa. Una rivoluzione che regali a tutti, ma particolarmente ai grassi omuncoli che parlano anche per conto nostro, una «decrescita felice» reale e un mondo rinnovato.

Lo so, lo so, sono fantasie assurde e molto letterarie. Ma fanno bene al cuore e all’anima. E aiutano a crearsi dentro un mondo migliore. Grazie di tutto, Lloyd Biggle.

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